Secondo provvedimento di confisca dei beni per il noto imprenditore immobiliare di Agropoli, il 49enne Gennaro Abate già con precedenti penali di estorsione. Il Tribunale di Salerno ha accolto la richiesta della Procura di Vallo della Lucania e ha esteso la misura di prevenzione agli immobili detenuti direttamente dalle due società immobiliari controllate dall’imprenditore. La requisizione, eseguita dai militari della Guardia di Finanza di Agropoli, ha interessato complessivamente 25 unità immobiliari, 7 fabbricati e 18 terreni, situate nei comuni di Ascea, Pisciotta, Vallo della Lucania e Castelnuovo Cilento per un valore stimato di 3,5 milioni di euro. Si tratta del secondo colpo nell’ambito dell’operazione denominata “Shylock” dall’usuraio che compare nella piece di Shakespeare “Il Mercante di Venezia”. Nel luglio scorso all’imprenditore erano già state confiscate le partecipazioni di controllo in due società immobiliari e le quote in 2 fabbricati e 9 terreni siti nel Comune di Pollica, poiché risultate acquistate con i guadagni appunto dell’attività estorsiva ed usuraria da lui posta in essere. Le indagini erano partite alla fine del 2012 quando le Fiamme Gialle agropolesi avevano passato al setaccio le operazioni finanziarie ed immobiliari effettuate dall’imprenditore e dal suo nucleo familiare o direttamente, oppure tramite diverse società con cui Abate, negli ultimi 13 anni, aveva condotto investimenti immobiliari nei principali centri costieri del Cilento. Era risultato così che, pur avendo dichiarato redditi pari a zero dal 2000 al 2006, a partire dal 2003 l’imprenditore era riuscito ad acquisire delle partecipazioni nelle due società, con le quali aveva avviato i suoi progetti immobiliari nel Cilento, fino a detenerne la maggioranza, per esercitarne il controllo, con un apporto pro-quota superiore a 500.000 Euro.Una situazione che ha portato ad escludere che l’acquisto delle quote sia avvenuto con denaro pulito e frutto di lecito guadagno. I difensori di Abate nelle udienze tenutesi hanno sempre cercato di dimostrare la provenienza legittima di questi capitali nelle sue società, sostenendo che provenivano totalmente da laute “sovvenzioni” erogate dai suoceri, ma le Fiamme Gialle hanno appurato che i genitori della moglie non figuravano né come soci, né come finanziatori. Nel corso delle indagini è venuto fuori anche la falsificazione di un atto notarile per la compravendita di un terreno in cui sarebbe finita coinvolta anche una s.r.l. dedita al commercio di autovetture e amministrata dal fratello di Abate.
Daria Scarpitta