“E’arrivata la conferma ufficiale. Quello che abbiamo denunciato non era infondato, né strumentale, ma basato su elementi certi, inconfutabili”. E’ questo il commento unanime dei valdianesi che nonostante le dure battaglie non sono riusciti a salvare il palazzo di giustizia di Sala Consilina, ma anzi hanno dovuto sottostare a quello che a tutt’oggi viene e definito uno scellerato quanto ingiustificato accorpamento. L’amara riflessione è arrivata all’indomani della missiva inviata dal presidente del Tribunale lucano, Matteo Claudio Zarrella, al primo cittadino lagronese e alla ditta che si sta occupando del trasloco degli archivi giudiziari. Nella lettera datata 7 novembre, il Presidente chiede al sindaco ed al titolare della ditta affidataria dei lavori “una gestione razionale e ordinata da protrarsi per un arco temporale non certo breve caratterizzato dal riordino dell’archivio in sede, al fine di liberare spazi per le sopravvenute correnti esigenze e dal riordino dell’archivio presente nei nuovi locali a tal fine individuati da codesto Ente”. E’ evidente, rilevano i valdianesi, che il caos legato al trasferimento dei faldoni , si protrarrà ingiustificatamente per lungo tempo, con il rischio che gli incarti processuali non potranno essere messi a disposizione degli aventi diritto. Ad andare su tutte le furie è stato il presidente dell’associazione nazionale giuristi cattolici, l’avvocato Angelo Paladino, “Questo documento a firma del presidente Zarrella – ha sottolineato Paladino – è l’ammissione del fatto che Lagonegro non era e non è pronta ad accorpare il tribunale di Sala Consilina e lo stesso Zarrella in un passaggio del documento afferma che chi attualmente è in servizio presso il tribunale di Lagonegro non potrà assumersi la responsabilità dell’indisponibilità di incarti processuali”. Il passaggio a cui fa riferimento l’avvocato Paladino è nella parte iniziarle della lettera dove il presidente del tribunale di Lagonegro sottolinea che “la presenza di un ingente mole di atti che nei decenni si è accumulata negli uffici giudiziari e confluita nella fusione delle strutture nate dalla riforma, sicuramente non potrà – scrive – essere gestita da chi è in servizio in questo momento storico che, evidentemente non potrà neppure assumersi la responsabilità derivante dalla possibile ricorrente involontaria indisponibilità di incarti processuali in considerazione delle tonnellate di materiale movimentato e presente negli archivi”. Zarrella conclude la missiva chiedendo inoltre la messa a disposizione della “forza lavoro indispensabile” e precisando che a lavoro eseguito “la fattura verrà rimessa al comune di Lagonegro per la liquidazione”. La lettera che ha ulteriormente infuriato i pro sala è stata già trasmessa all’organo che sta effettuando il monitoraggio sugli effetti della riforma della geografia giudiziaria.
Roberta Cosentino