Di Gloria, conosciuto come persona mite che viveva da solo e che da poco era andato in pensione. Subito i sospetti si concentrarono su Petrillo che all’epoca dei fatti aveva 32 anni e che, secondo la ricostruzione fatta, per motivi passionali avrebbe dapprima attinto con un coltello l’uomo più anziano e poi, nello scappare, lo avrebbe travolto con la sua auto. Proprio gli accertamenti compiuti sul mezzo e le immagini delle videocamere di sorveglianza permisero di definire la dinamica. In primo grado dunque per Petrillo arrivò la condanna a 23 anni di reclusione. Fu poi la Corte d’Assise di Appello a determinare il primo colpo di scena derubricando in secondo grado il capo d’imputazione da Ventitre anni di reclusione . Questa la pena inflitta ieri nel processo bis di Appello a Giuseppe Petrillo, il 39enne che sette anni fa uccise a Polla il pensionato dell’Asl Nicola di Gloria. Nuovo colpo di scena in questa vicenda dove le responsabilità di Petrillo sono state di volta in volta valutate con un metro diverso. Questa volta a pronunciarsi è stata la Corte d’Assise di Appello di Salerno che nella giornata di venerdì ha accolto la linea difensiva sostenuta dall’avvocato della famiglia Di Gloria, Sebastiano Tanzola che proprio qualche ora prima aveva ribadito la richiesta di confermare la pena inflitta a Petrillo in primo grado. Tutto ebbe inizio nel 2010 quando sulle montagne di Polla venne trovato, straziato dagli animali transitanti in quei luoghi, il corpo del 62enne Nicola omicidio volontario a lesioni volontarie e riconoscendo al giovane un parziale vizio di mente tanto che la sentenza ridusse la pena a sei anni di reclusione. Proprio la difesa della famiglia Di Gloria presentò ricorso in Cassazione contro questa decisione e la Corte ordinò la ripetizione del processo di appello che proprio ieri si è concluso presso un’altra sezione della Corte d’Assise di Appello con la condanna a ventitre anni, nonostante il Procuratore Generale avesse chiesto 14 anni nella precedente udienza e proprio venerdì i difensori di Petrillo avessero sostenuto l’assoluzione o in subordine il riconoscimento del rito abbreviato e delle attenuanti.