Presumibili avances sessuali, poi il diverbio, infine l’assassinio. Nelle 13 pagine con cui la Corte di Cassazione spiega le motivazioni per le quali ha confermato la condanna a 23 anni di carcere per il 39enne di Polla Pino Petrillo, c’è la ricostruzione precisa di quanto avvenuto nella notte tra il 7 e l’8 maggio 2010 sulle montagne valdianesi ad Intranita, fatti che portarono all’omicidio del dipendente dell’Asl in pensione il 61enne Nicola Di Gloria. Secondo quanto si apprende i due si incontrarono presso il distributore Agip con le loro auto, lì dove le telecamere permisero a suo tempo di fornire una pista agli inquirenti mostrando questo passaggio di mezzi. Da quel posto, ognuno con la propria auto, una Daewoo Mati per Petrillo e una Fiat 600 per di Di Gloria, raggiunsero una stradina isolata in località Intranita. Qui Petrillo entrò nell’auto del 61enne dove, a seguito di un tentativo di approccio sessuale da parte dell’anziano, scaturì una colluttazione tra i due , proseguita all’esterno e terminata con il ferimento di Di Gloria alla mano sinistra e al torace, attinti da coltellate sferrate dal 39enne. Secondo i Giudici della Corte Suprema, mentre Di Gloria si trovava ferito a terra, Petrillo sarebbe salito sulla 600 e lo avrebbe investito , passando sopra il suo corpo e trascinandolo, causandone così la morte avvenuta per lacerazioni polmonari ed epatiche. Le parole della Cassazione fanno finalmente luce su una vicenda agghiacciante che aveva inquietato un intero territorio, quando il corpo di Di Gloria, venne ritrovato martoriato e mutilato, poi si capì presumibilmente anche per l’intervento di alcuni animali su di esso. I fatti acquistano ora nuovo significato con quanto ricostruito dalla Cassazione che conferma quanto definito in primo grado, non riconoscendo valida la versione di Petrillo, secondo cui a finire Di Gloria sarebbero intervenute terze persone e introducendo lo sfondo del delitto, il tentativo di approccio sessuale. Certo, resta irrisolto il giallo del coltello usato per ferire Di Gloria, mai ritrovato e che Petrillo ha sempre detto appartenere al pensionato. Al 39enne non è stata concessa alcuna attenuante e da giugno scorso , da quando cioè c’è stata la sentenza della Cassazione , l’uomo è in carcere a Potenza. Con il deposito delle motivazioni si chiude una lunga vicenda giudiziaria, approdata due volte in Appello, la prima quando venne riconosciuto un vizio parziale di mente a Petrillo e per questo la condanna venne ridotta a sei anni e la seconda, dopo che la Cassazione decise per la ripetizione del processo di secondo grado, culminata nella condanna a 23 anni poi confermata anche nel giudizio finale.