La morte del bomber Gino Paesano durante una partita di calcetto ha riacceso i riflettori sui decessi che avvengono improvvisi sui campi di gioco e sulla necessità di intervenire in tempo. I casi continuano a verificarsi e non è questione di età. L’eco della morte del calciatore Morosini nel 2012 fece scattare il Decreto Balduzzi. In base ad esso le società sportive professionistiche e quelle dilettantistiche hanno l’obbligo di dotarsi di un defibrillatore ed è necessaria la presenza di una persona formata al suo utilizzo durante le gare o le attività agonistiche . Questo per tutti gli sport dove è previsto un certo impegno cardiocircolatorio. Oltre a ciò, la legge prevede dei luoghi pubblici, particolarmente quelli affollati, dove è consigliata la presenza dell’apparecchio. Tra questi ovviamente ci sono gli stadi. Sul nostro territorio le situazioni sono varie. Per quanto riguarda il calcio ci sono campi da gioco che sono provvisti di defibrillatore di per sé. Sapri ad esempio ce l’ha. Venne donato allo stadio nel 2016 dalla Cgil e dal Dopolavoro Ferroviario, anche se è stato installato all’esterno, nei pressi della Protezione civile per consentirne l’uso per più necessità. In altri campi, come ad esempio quello di Sala Consilina, la struttura non ne è provvista e dunque l’attrezzarsi per le partite è tutto demandato alle società che svolgono attività agonistica sul campo, e che spesso sono diverse. L’importanza di questo strumento salvavita e della sua immediata reperibilità è stato dimostrato più volte. In Italia la legge è all’avanguardia, i costi per un defibrillatore non sono altissimi, si parla di circa mille euro per apparecchio, la formazione la si riesce a fare anche gratuitamente con associazioni come, ad esempio la Onlus Carmine Speranza da tempo attiva su questo fronte, ma c’è ancora un lungo cammino da percorrere. “Quando accadono questi attacchi- ha detto il presidente Alfonso Speranza- è necessario intervenire nei primi 6 o 7 minuti, molto prima che arrivi l’ambulanza o che si raggiunga l’ospedale. Dopo è troppo tardi. Sul territorio si sono fatti dei passi avanti, ma bisogna ancora smuovere le coscienze. Chi organizza le partite deve accertarsi che la norma venga rispettata. Che senso ha avere un campo bellissimo a vedersi e poi non attrezzato? Con la nostra squadra di calcio abbiamo deciso di mettere in atto una piccola protesta. Con l’inizio dei campionati giovanili ci rifiuteremo di giocare lì dove non c’è un defibrillatore. E’ davvero poco- ha concluso Speranza- ma se qualcuno ci segue possiamo insieme sensibilizzare l’opinione pubblica.”
Daria Scarpitta