Quadro stabile ma ugualmente preoccupante quello tratteggiato nella relazione della Direzione Investigativa Antimafia al Parlamento e relativa al secondo semestre del 2016. La criminalità organizzata, c’è e continua a minare lo sviluppo economico e sociale del territorio ma con forme diverse. C’è, da un lato, “una miriade di micro aggregati camorristici, in guerra aperta per le piazze di spaccio”, ma anche pronti ad alleanze trasversali, “dall’altro, una camorra proiettata ad infiltrare l’economia e la pubblica amministrazione.” Entrambe queste forme hanno come “comune denominatore la capacità di condizionare le fasce più esposte della popolazione”. Non assistiamo più ad estorsioni pure che minano la credibilità e il controllo sul territorio , ma “all’imposizione di un’attività offerta alla vittima da pseudo imprenditori dietro cui ci sono i clan,” azioni più subdole e difficili da documentare che si sostanziano di un’infiltrazione reciproca tra politica e malavita e una stretta connessione con l’imprenditoria. “Si prospetta, così, – si legge nel documento – una strategia affaristica della camorra che tende ad inglobare, nelle proprie compagini, figure professionali e imprenditoriali che, potendo contare sull’appoggio dell’organizzazione, mirano ad ottenere vantaggiose autorizzazioni amministrative o a sviare i controlli della pubblica amministrazione.” In questo quadro il Cilento non è più area marginale ma si conferma crocevia di clan calabresi e campani come ampiamente dimostrato dall’operazione “Frontiera”, sorta dalle indagini sulla morte del Sindaco Vassallo e incentrata sul clan Muto con l’esecuzione di 58 arresti, anche sul territorio valdianese per estorsioni e traffico di stupefacenti diretto alle principali località balneari della costa tirrenica. Il Cilento secondo l’Antimafia “ è divenuto territorio di conquista di diverse organizzazioni dalle cosche calabresi alle napoletane ai Casalesi, che investono in strutture ricettive”. La mappa delle famiglie criminali è ben delineata. “Ad Agropoli si segnalano alcuni membri del clan napoletano FABBROCINO e la famiglia di nomadi MAROTTA. L’area del Medio e Basso Cilento, esposta alle mire della criminalità organizzata calabrese, si caratterizza per l’operatività dei gruppi facenti capo alle famiglie GALLO e BALSAMO di Sala Consilina, in passato consorziate in un unico sodalizio e oggi divise. Nello specifico, la famiglia GALLO è risultata in in collegamento con esponenti delle cosche ‘ndranghetiste MUTO di Cetraro (CS) e VALENTE-STUMMO di Scalea (CS).”
Daria Scarpitta