Non luogo a procedere per l’ex Soprintendente di Salerno Gennaro Miccio e per il funzionario dell’Ente Domenico Palladino. Erano stati accusati di corruzione per la nomina di un architetto a loro vicino nell’ambito di un’inchiesta più ampia relativa ad una lottizzazione abusiva in contrada Alano a Castellabate che vedeva imputate altre 18 persone. Il pubblico Ministero aveva chiesto per loro il rinvio a giudizio ma mercoledì il gup presso il tribunale di Vallo della Lucania durante l’udienza preliminare ha accolto la tesi difensiva del legale Franco Maldonato e ha prosciolto perché il fatto non sussiste Miccio e Palladino, assieme all’architetto al centro della bufera e al legale rappresentante della società esecutrice delle opere, Giuseppe Beneduce di Alba Costruzioni. Sono stati invece rinviati a giudizio, per diversi reati dall’ abuso d’ufficio al falso e alla lottizzazione abusiva, il responsabile dell’ufficio urbanistica di Castellabate Adelio Nicoletta, il responsabile unico del procedimento Antonio Santoro, il responsabile del Suap di Vallo della Lucania Giovanni Infante e altre 13 persone tra titolari delle ditte coinvolte, direttori dei lavori e beneficiari del progetto. La vicenda risale al 2015 ed è relativa alla realizzazione di un fabbricato su tre livelli, composto da 15 appartamenti, box, posti auto e locali residenziali oltre che un muro di cemento armato nei pressi del demanio fluviale. Il progetto ottenne un primo no dalla Soprintendenza a causa della sua eccessiva consistenza dal punti di vista delle volumetrie. Poi, però, l’Ente dopo una, rimodulazione dell’opera diede il suo benestare. Secondo la Procura, la Soprintendenza cambiò posizione sul progetto non per le modifiche apportate ad esso, giudicate dalla pubblica accusa irrilevanti sul fronte delle volumetrie, ma per ottenere , in cambio dell’autorizzazione , la nomina di un architetto vicino a Miccio e Palladino. Il gup di Vallo però non ha accolto questa ricostruzione, e ha deciso di non procedere nei confronti dei rappresentanti della Soprintendenza. Restano in piedi tuttavia le accuse per le altre 16 persone coinvolte, visto che secondo la Procura la costruzione non aveva tutte le autorizzazioni necessarie, tra cui il nulla osta del Parco e aveva violato il Piano regolatore di Castellabate. A chiarire le vicende relative a tali contestazioni ci penserà il processo che si aprirà il 24 settembre 2020.
Daria Scarpitta