Annullata la sentenza di condanna a due anni di reclusione nei confronti di Giovanni Di Polito , l’operaio idraulico forestale di Celle di Bulgheria accusato dalla ex convivente di sfruttamento della prostituzione, violenza sessuale, maltrattamenti, mincaccia e detenzione illegale di arma comune da sparo. La suprema Corte di Cassazione nella serata di giovedì 1 febbraio ha accolto il ricorso del legale dell’uomo, l’avvocato Vincenzo Speranza, annullando quanto era stato deciso in primo grado dal Tribunale di Vallo della Lucania e poi confermato dalla Corte di Appello. La vicenda risale al 2013. La compagna dell’uomo denunciò che nell’abitazione comune avveniva meretricio tutte le notti e di essere stata costretta a rapporti sessuali anche con la minaccia di una pistola. Accuse terribili che destarono non poco clamore nel comprensorio dove Di Polito era molto conosciuto. L’operaio, all’epoca dei fatti venne anche arrestato, rimanendo in carcere per mesi per poi essere sottoposto ai domiciliari. In realtà, già nel corso del primo processo a Vallo, l’uomo venne assolto per violenza e sfruttamento della prostituzione e condannato per minaccia e maltrattamenti. Nel gennaio 2016 ci fu poi il primo annullamento da parte della Cassazione che fece cadere l’accusa di detenzione di arma da sparo. Ora l’ulteriore annullamento delle imputazioni residue di minaccia e maltrattamenti. La Corte, infatti, ha stabilito che la persona offesa, ossia l’ex convivente dell’uomo, non è credibile e che i giudici di primo grado nel corso del processo non esaminarono una serie di rilevanti elementi di natura difensiva, testimonianze che certificherebbero che nulla di quanto accusato sarebbe avvenuto. Ora il giudizio passerà alla Corte di Appello di Napoli che dovrà, però, tener conto dei rilievi mossi dalla Cassazione.
Daria Scarpitta