Fissata la data per la visita a Sud di Salerno del presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte. Sarà il 29 novembre a Vallo della Lucania insieme al Ministro per il Sud Giuseppe Provenzano. L’incontro, promosso dal presidente della Fondazione Grande Lucania Franco Castiello, servirà a definire per le aree interne del Cilento e del Vallo di Diano le strategie da adottare per contrastare lo spopolamento e quindi per favorire lo sviluppo economico e sociale dei piccoli comuni. Sul tavolo di discussione finirà il manifesto sottoscritto da 100 Sindaci. Un documento che suggerisce ai due esponenti del Governo le azioni da compiere . Nella lunga lista una serie di interventi infra strutturali “ fondamentali – spiega Castiello – per la crescita del nostro territorio “ . Il congresso con Conte e Provenzano si terrà, a partire dalle 15,30. presso l’auditorium De Berardinis a Vallo della Lucania. Per il momento non sono previste tappe in altri comuni o incontri istituzionali. “ E’ probabile che ci sarà il tempo per una visita presso l’ospedale San Luca – afferma Castiello alla nostra redazione- ma ancora nulla è stato programmato in tal senso. A noi interessa che il Governo prima della redazione del piano strategico straordinario per il Sud venga informato delle nostre esigenze . Non sarà una passerella politica. Il congresso a Vallo con il presidente del consiglio e il Ministro per il Sud sarà un momento di confronto sui punti chiave indicati nel nostro manifesto, che sintetizzano le richieste del Cilento e del Diano per provare a ripopolare le aree interne “ .
antonietta nicodemo
ECCO IL MANIFESTO DEL MEZZOGIORNO I 10 PUNTI PER LO SVILUPPO DELLE AREE INTERNE E PER IL CONTRASTO DELLO SPOPOLAMENTO REDATTO DALLA ” FONDAZIONE GRANDE LUCANIA ”
Premessa La questione meridionale per la interdipendenza delle due macro-aree CentroNord/Mezzogiorno non è questione territoriale ma nazionale. Ed è una grande questione sociale oltre che economica, che non può risolversi se non attraverso la tanto invocata e mai realizzata perequazione infrastrutturale, strumento essenziale della strategia di riequilibrio Nord- Sud. Dal 1990 ad oggi (in circa 30 anni) la rete autostradale al Sud è rimasta sostanzialmente invariata. Del tutto inadeguata è la rete ferroviaria: soltanto 45 km per ogni 1.000 kmq di superficie al Sud, contro i 59 km al Centro e i 65 km al Nord. Negli ultimi 15 anni il Mezzogiorno ha perduto 1 milione di abitanti, tra cui 200mila laureati. Più laureati emigrano più si sottrae valore aggiunto per il futuro. Ogni giorno si perde un pezzo di futuro delle regioni meridionali. Il Sud, tra denatalità ed emigrazione, è destinato a perdere ulteriori, cospicui segmenti di popolazione. Si prevede un deflusso di circa 5 milioni di residenti nei prossimi 40 anni. Parlando a Caltanissetta il 16 Novembre 2004 Carlo Azeglio Ciampi, dopo aver affermato che “il problema del Mezzogiorno diviene la più grande questione nazionale”, rimarcava il dovere dello Stato “di provvedere a dotare le regioni meno favorite, in tempi che non si dilatino all’infinito, delle infrastrutture materiali e immateriali di cui sono carenti: dal 2 completamento delle grandi vie di comunicazione, stradali e ferroviarie, alla predisposizione di un adeguato e omogeneo sistema scolastico e di formazione fino ai livelli più elevati”. Anche Sandro Pertini più volte aveva ammonito che la questione meridionale non è soltanto territoriale, ma è questione nazionale. Sennonché la Quota 34 voluta da Ciampi, nel senso di riservare il 34% della spesa in fondo capitale delle pubbliche amministrazioni al Sud nel rispetto del criterio proporzionale, in quanto nelle 8 regioni meridionali si concentra il 34% della popolazione complessiva, è rimasta inattuata. In coincidenza con l’inizio della lunga recessione (2008), proprio quando il Sud, la cui fragile economia più abbisognava di investimenti, paradossalmente, la spesa in conto capitale della pubblica amministrazione è crollata al 27,8%, di oltre il 6% in meno. Se fosse stata rispettata la quota 34 il Mezzogiorno non avrebbe perduto gli oltre 62 miliardi di euro che gli sono mancati e non avrebbe registrato l’ingente numero di 500 mila disoccupati in più che, secondo i calcoli della Svimez, sarebbe risultato dimezzato. Come pure la contrazione del PIL sarebbe stata all’incirca ridotta alla metà. Il Sud ha mostrato infatti una forte reattività allo stimolo degli investimenti pubblici. Ecco perché gli investimenti del Fondo di sviluppo e coesione devono essere realmente aggiuntivi e non sostitutivi di quelli ordinari. Lo sviluppo del Sud è un fattore essenziale di sviluppo dell’intero Paese. Il rapporto di interdipendenza che lega il settentrione al meridione fa sì che si producono sensibili vantaggi per il Nord: si calcola che, per ogni 10 euro che dal Centro-Nord affluiscono al Sud come residui fiscali, 4 euro fanno il percorso inverso sotto forma di domanda di beni e di servizi. Tenendo conto di questo dato oggettivo si comprende agevolmente che gli investimenti pubblici al Sud non vanno fatti per filantropia o per motivi assistenziali, ma per garantire lo sviluppo economico complessivo del Paese. Di recente la Banca d’Italia, per bocca del direttore generale Fabio Panetta, ha precisato che: ”un incremento degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno pari all’1 per cento del suo Pil per un decennio, ossia 4 miliardi annui, avrebbe effetti espansivi significativi per l’intera economia italiana. Al Sud il moltiplicatore degli investimenti pubblici potrebbe raggiungere un valore di circa 3 2 nel medio-lungo termine.” Ne guadagnerebbe anche il Centro Nord, insiste Panetta “per via della maggiore domanda nel Mezzogiorno e dell’integrazione commerciale e produttiva tra le due aree. Sebbene lo stimolo pubblico ipotizzato abbia dimensioni ridotte rispetto all’economia del Centro Nord, le simulazioni indicano che il Pil di quest’area potrebbe aumentare fino allo 0,3% per cento.” Il nesso di interdipendenza tra Nord e Sud deve essere tratto a presupposto fondamentale di una strategia di rilancio dell’economia complessiva del Paese. Il monito di due autorevoli Capi dello Stato, Sandro Pertini e Carlo Azeglio Ciampi, secondo cui la questione meridionale è la più importante questione nazionale, non può essere più trascurato. In tale prospettiva particolare attenzione va riservata al problema dello spopolamento delle aree interne del Mezzogiorno abbandonate da parte dei giovani che rappresentano le eccellenze di cui questi territori si spogliano sempre di più, anno per anno. Questo capitale umano deve essere protetto e motivato salvando le aree interne da una altrimenti irreversibile destrutturazione demografica e socio-economica. Esistono precisi obblighi di legge che orientano l’azione di governo a tutela delle aree interne. Richiamiamo due fondamentali disposizioni. La prima è costituita dall’art. 119, comma 6 della Costituzione: “Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni”. La seconda di queste disposizioni è costituita dall’art 174, 1° e 2° comma del Trattato dell’Unione Europea, il quale prescrive che: “Per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale. 4 In particolare, l’Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite.” Entrambe le disposizioni vincolano, rispettivamente, le autorità nazionali e le autorità europee a rimuovere i divari tra regioni povere e regioni ricche, sostenendo lo sviluppo di quelle meno favorite. Non è accettabile che in Italia coesistano la provincia a più basso tasso di povertà, qual è Bolzano, con tre delle regioni (tra cui la Campania) a più alto indice di povertà, come accertato dal Comitato Europeo delle Regioni. Tra l’Italia del Nord e l’Italia del Sud i contrasti si acuiscono al punto da diventare quelli più vistosi a livello continentale. Non è accettabile che le comunità del Mezzogiorno, in particolare quelle che risiedono nelle aree interne, per la insufficienza dei collegamenti e la mancanza dei servizi, vivano nella mortificante condizione di cittadinanza limitata. La coesione e la solidarietà sono obiettivi comuni e irrinunciabili tanto per la Costituzione Italiana che per il Trattato Europeo. L’azione riformatrice del Governo dovrà rispettare l’art. 119 della Costituzione e attuare le legittime pretese delle comunità insediate nelle aree disagiate. L’azione degli organismi comunitari dovrà contrastare con maggior decisione rispetto al passato il divario tra Nord Europa e Sud Europa, per rimuovere la contrapposizione tra aree che corrono a velocità fortemente differenziata. Bisogna lasciarsi alle spalle politiche riformatrici inefficaci e fallimentari, quali quelle sperimentate negli ultimi anni. Occorre intraprendere un’azione legislativa e di governo incisiva e concreta, fondata sulla centralizzazione della questione meridionale riservando la massima attenzione alla tutela delle aree interne, contrastando lo spopolamento con una serie di misure dirette alla salvaguardia del capitale umano, rendendo attrattivi i territori dell’interno per le aspettative dei giovani. È un impegno collettivo al quale Parlamento e Governo, in Italia e in Europa, non possono sottrarsi. I punti del Manifesto 5 1) Recupero dei circa 62 miliardi di euro derivanti dalla riduzione di quota 34 a quota 28% circa, con la loro devoluzione al finanziamento di infrastrutture (materiali e immateriali) efficienti, uscendo fuori dallo sterile ambito delle enunciazioni programmatiche senza copertura, definendo precisi capitoli di spesa; 2) Non essendo la riserva del 34% di agevole attuazione, il ritardo della sua piena operatività non deve convertirsi in disapplicazione della misura, indebolendone la valenza strategica. Per neutralizzare gli effetti pregiudizievoli del ritardo nell’attuazione della riserva del 34% occorre istituire un Fondo nel quale confluiscano le risorse corrispondenti alla mancata attuazione della ripartizione. Tali risorse dovranno essere utilizzate, nel rispetto del vincolo di destinazione, per gli investimenti infrastrutturali nel Sud, accordando la precedenza alle aree interne (in una vasta area della provincia di Salerno, il Cilento, numerosi comuni sono tutt’ora privi della fornitura di metano, essendo rimasti gli unici in Italia esclusi dal completamento della rete distributiva; non a caso il Cilento è una delle aree della provincia di Salerno maggiormente incisa dallo spopolamento). Il Fondo potrà essere gestito dalla costituenda Banca per gli investimenti nel Mezzogiorno che, per essere davvero efficace, dovrebbe avere i connotati di un “MEDIOCREDITO” per il SUD Italia che, ponendosi al fianco delle IMPRESE potrebbe favorire la realizzazione delle infrastrutture necessarie al consolidamento e sviluppo delle loro attività, quindi, capannoni, macchinari, reti informatiche, ecc. ecc., con un’ottica di medio periodo. Uno strumento finanziario, in sintesi, inserito nel più vasto progetto che dovrebbe avere il fine di risolvere il gap infrastrutturale che c’è tra il nord ed il sud. Il tutto in complementarietà alle Banche di Credito Cooperativo il cui ruolo localistico dovrebbe essere rivitalizzato in antitesi alla recente riforma del credito cooperativo, istitutiva dei gruppi bancari, che lo ha, invece, depotenziato. Le Bcc, per effetto della confluenza (in pratica obbligatoria) in gruppi bancari, hanno visto infatti affievolirsi la loro funzione localistica, essendo divenute in sostanza sportelli decentrati di holding che hanno prevalente interesse al loro utilizzo come agenzie decentrate sul territorio per la collocazione dei propri prodotti finanziari. La involuzione delle Bcc arreca pregiudizio alle economie locali del Mezzogiorno. Anche la 6 Banca d’Italia ritiene prezioso e imperdibile il ruolo delle Bcc di volano delle economie locali. 3) Eliminare definitivamente i ritardi nell’utilizzo dei fondi dell’Unione Europea, anche attraverso il mutamento dei criteri di attribuzione fondati sulla gestione dei procedimenti di assegnazione degli aiuti finanziari a funzionari europei, previa la fissazione di termini certi dei procedimenti erogativi e di criteri trasparenti. 4) Modificare la legge n. 158/2017 sui piccoli comuni, integrandone congruamente la copertura finanziaria, essendo risibile la somma di 15 milioni di euro per anno da destinare a migliaia di comuni (quelli con meno di 5.000 abitanti sono circa 5.000) e restringendo, secondo un criterio realistico, il numero e la portata degli interventi che nel testo della legge sono copiosamente quanto irrealisticamente enumerati, prevedendo interventi a pioggia, privi di effetti apprezzabili. Devono essere pure fissati criteri di precedenza distinguendo i piccoli comuni per scaglioni, a seconda del maggiore disagio insediativo testimoniato dal più alto tasso di spopolamento. 5) Obbligare le Regioni che non abbiano ancora proceduto alla ricognizione censuaria dei propri immobili, demaniali e patrimoniali (tra cui la Campania), a definire al più presto i relativi procedimenti, ponendo in essere, in caso di inadempienza, i meccanismi sostitutivi previsti dalla Costituzione al fine di consentire l’assegnazione dei terreni incolti ai giovani che intendano intraprendere attività agricole o zootecniche. 6) Favorire il passaggio, con specifici protocolli d’intesa, della competenza per la manutenzione delle strade delle aree interne dalle province all’ANAS, con precedenza per quelle che costituiscono assi viari essenziali per i collegamenti delle aree stesse con stazioni ferroviarie e autostrade. 7) Promuovere l’adozione da parte di RFI (Rete Ferroviaria Italiana) di un sistema tariffario agevolato per il pedaggio dei treni ad Alta Velocità che collegano in modo diretto il Nord con il Sud, per i tratti dell’infrastruttura non predisposti per l’Alta Velocità, quale ad esempio Salerno-Reggio Calabria e Salerno-Taranto, prevedendo che i treni che effettuano, ad esempio, un collegamento diretto da Milano a Potenza o da Milano a Reggio Calabria, paghino la tariffa di pedaggio ordinaria solo per il tratto Milano-Salerno e paghino, invece, 7 una tariffa ridotta nel tratto Salerno-Potenza o Salerno-Reggio Calabria. Abbattimento tariffario, questo, da praticare sia per il pedaggio della linea, sia per il pedaggio delle stazioni in cui viene effettuata la fermata. Una tale iniziativa rappresenta un incentivo alla istituzione di collegamenti più efficienti tra Nord e Sud, che si colloca all’interno del progetto denominato Polo per lo sviluppo del turismo in Italia, nato su iniziativa del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane Spa e presentato il 27 giugno 2019, che prevede una serie di azioni finalizzate alla promozione turistica e alla mobilità verso le località oltre che di mare, di montagna, favorendo lo sviluppo del settore turistico. 8) Utilizzare la leva della decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato prevedendo, a favore delle imprese delle aree interne, lo sgravio contributivo per la durata di 3 anni, estensibile a 5 anni per le assunzioni di personale femminile, considerata la particolare gravità della disoccupazione delle donne nel Mezzogiorno. Utilizzare la leva fiscale prevedendo l’esonero dalle imposte delle cessioni a terzi degli immobili abbandonati nei borghi e nei centri storici dei piccoli comuni colpiti da spopolamento, estendendo la neutralità fiscale anche agli interventi edilizi diretti al loro recupero. Utilizzare, altresì, la leva fiscale esonerando i residenti nei piccoli comuni di collina e di montagna in preda allo spopolamento dal pagamento del canone di abbonamento alla televisione, considerato che in molte aree interne, collinari e di montagna, il segnale televisivo non arriva del tutto o arriva fortemente disturbato, esonerando altresì i soggetti stessi dal pagamento della imposta di proprietà sugli autoveicoli, quale misura sostanzialmente indennitaria dei disagi derivanti dagli accidentati e malcurati percorsi viari. 9) Accordare la precedenza alle aree interne nell’attuazione delle norme di incentivazione previste dalla legge quadro sulle aree protette (l. 6 dicembre 1991, n. 394), sicchè vengano preferiti i piccoli comuni di collina e di montagna ai quali dovrà essere attribuita priorità nella concessione di finanziamenti comunitari e interni per la realizzazione degli interventi previsti dall’art. 7 della legge stessa. 10) Promuovere l’istituzione della Cabina di Regia per il Coordinamento e la Promozione dell’Agricoltura, dell’Agroalimentare e dell’Artigianato delle aree interne del 8 Mezzogiorno col compito di: valorizzare e promuovere sul mercato interno ed estero i prodotti del Sud ed il relativo marchio, sollecitando i ministeri competenti a sottoscrivere appositi accordi commerciali; promuovere le filiere produttive nelle regioni del Sud, favorendo gli incentivi verso quei settori che presentano maggiori opportunità; indirizzare e coadiuvare le regioni nella predisposizione dei piani di sviluppo rurale finanziati dalla UE; predisporre piani di formazione a beneficio di giovani interessati agli sbocchi professionali del settore; favorire la rete sia fra gli enti territoriali, sia fra le imprese, nonché sostenere i piccoli comuni delle aree interne, per la progettazione e realizzazione degli interventi. La promozione delle aree interne dovrà avvenire anche attraverso una svolta nella comunicazione. Una recente ricerca curata dall’Università di Lecce ha accertato che negli ultimi 30 anni i Tg di Stato hanno riservato al Sud il 9% del tempo, di cui ben il 96% dedicato a notizie di crimini, delinquenza, camorra e mafia. L’immagine che si offre del Sud è distorta e appannata. Non è accettabile che al Mezzogiorno ed ai suoi 20 milioni di abitanti venga riservato meno del 10% del tempo, per di più in larghissima parte dedicato alla cronaca nera. Non è accettabile la cappa di silenzio che incombe sulle aree interne ostacolando la conoscenza, oltre che delle bellezze paesaggistiche, dei loro prodotti agroalimentari di eccellenza e delle ragguardevoli, diffuse risorse culturali (archeologiche, architettoniche, artistiche, etc.).
sen. Francesco Castiello Senatore presidente della Fondazione Grande Lucania