Abbiamo finito anche gli alibi. Se rimaniamo indifferenti perfino ad un costo di 40 euro, pagabili a rate manco si trattasse di una lavatrice e non di cultura, vuol dire che abbiamo perso la vivacità intellettuale che ci porta a voler scoprire e partecipare, la curiosità verso la vita e le sue esperienze, il desiderio di stare con gli altri e di condividere, la voglia di migliorare la qualità della vita stessa. E’ un’abulia generalizzata quella di questi tempi, ma che da noi può fare più male che altrove, perché qui la parola resistere ha un significato atavico quanto vitale. Si resisteva ai tempi della Guerra, quando si lavorava la terra con tanta fatica e il sogno di un domani diverso, si resisteva per far aprire l’ ospedale, si resiste oggi per mantenere i servizi e tentare di conservare i giovani e la vitalità in un territorio che riluce solo poche settimane all’anno, e non grazie a noi, ma per riflesso di quanti ancora ci scelgono. Fortunatamente non è solo e sempre così, perché di esempi e cose positive questa terra ancora ne ha da trasmettere, ma non basta. Qui non ci possiamo permettere il lusso di smettere di resistere. E invece la partecipazione e l’attivismo, che siano per l’espressione semplice del proprio pensiero, per l’organizzazione di un evento o per la mera visione di uno spettacolo, si stanno riducendo al lumicino, segno di un impoverimento culturale e sociale che va frenato. Se si sceglie l’isolamento, se si assume la posizione passiva “da telecomando” per la fruizione della vita, il risultato è la chiusura di questo territorio su se stesso. In tutti i campi. Bene fa la Graficamente a concretizzare la ‘resistenza’ , a fare resilienza, mantenendo gli impegni, ricordando a tutti che abbiamo chiesto a gran voce di avere un cinema, un teatro, una sala e che questi sono beni che vanno difesi con le unghie e con i denti. Non bisogna mollare. Andrebbe garantito il normale avvicendamento tra noi abitanti, che siamo comunque numerosi. Oggi mi libero dagli impegni e vado io, domani vai tu e così via… affinché i nostri teatri non siano mai soli e non siano mai chiusi. E non per fare un favore ad una società privata, ma per favorire noi stessi e i nostri figli che sono il futuro, per dare loro il diritto e il privilegio di vivere il teatro e di avere un luogo dove agire la cultura. Che dà idee, promuove pensieri e apre nuovi scenari.
Daria Scarpitta