Sono molte di più le persone coinvolte nell’operazione antidroga della Procura di Salerno che ieri ha visto i Carabinieri di Agropoli dare esecuzione ad un ordinanza di misure cautelari nei confronti di sedici soggetti. C’è un albanese latitante che si sta cercando per sottoporlo ai domiciliari e ci sono un’altra ventina di persone sotto inchiesta, nei cui confronti però non sono stati ancora assunti provvedimenti, per un totale di oltre 40 indagati. Non un’associazione a delinquere, dicono gli inquirenti, perché anche se avevano legami tra loro non erano durevoli e non andavano oltre “l’occasionale concerto nei singoli reati” ma una rete che comunque operava con singole responsabilità e comportamenti precisi. Dalle intercettazioni compiute dal 2016 e grazie alla collaborazione alle indagini di diverse persone, tra cui diciotto acquirenti delle sostanze stupefacenti, è stato possibile, partendo da piccole dosi scoperte sul territorio, sgominare il gruppo accusato di detenzione e cessione di droga ma per almeno due dei suoi componenti, Marco Grimaldi e Luigi Stabile, anche di estorsione. I fratelli Dylan e Gianlugi Strianese di Capaccio, quest’ultimo unico finito in carcere perché trovato in possesso di cocaina al momento della perquisizione, compaiono più volte nelle intercettazioni come fornitori. Giancarlo Rossi 32 anni di Capaccio emerge da un’intercettazione per aver picchiato duramente un altro arrestato il 21enne Simone Saturno non in regola con i pagamenti. Luigi Stabile avrebbe ceduto droga per un valore di 20 mila euro minacciando l’interlocutore e i suoi familiari, dimostrando di conoscere bene i loro spostamenti. Una delle vittime di Stabile avrebbe raccontato anche di aver fatto da corriere per trasportare la droga nel Vallo di Diano e consegnarla ad un tizio detto “o’ turco”. Ad aiutare nelle indagini alcuni acquirenti delle sostanze che, individuati dalle intercettazioni, hanno fornito elementi utili per chiarire il linguaggio criptico delle conversazioni e individuare gli spacciatori e gli stessi pusher , spesso finiti a cedere droga perché indebitati con esponenti del gruppo. E’ il caso di Giuseppe Marino di Trentinara da cui sono partite le indagini. Lui è stato il primo a fare l’identikit del proprio fornitore di Paestum denunciando come lo stesso lo avesse minacciato per le 800 euro perdute a seguito del sequestro dello stupefacente da parte dei Carabinieri. Anche i figli più piccoli vennero tirati in ballo e Marino per pagare i debiti fu costretto a vendersi auto e scooter. Ma ad incuriosire è il linguaggio utilizzato nelle intercettazioni, la droga viene camuffata parlando a volte di “macchine”, il suo prezzo viene espresso come un limite di velocità, oppure ancora si fa riferimento al chiosco di Gianluca Voria, sottoposto all’obbligo di dimora, e allora la roba diventa “caffè”, oppure alla pizzeria e pescheria agropolese di Giacomo Torsiello, solo indagato, e allora si parla di “pizze”, “polpi” o “ricci di mare”.
Daria Scarpitta