Un libro attuale, intenso, fatto di ricordi dal sapore reale e di problematiche mai risolte: quelle che porta con sé la parola “straniero”, sia esso l’italiano all’estero o l’extracomunitario in Italia. E’ l’ultima fatica letteraria del giornalista di Sapri Mario Fortunato presentata nei giorni scorsi presso il Ristorante L’uorto a Policastro Bussentino, ormai divenuto anche cenacolo culturale. Si intitola “Il nonno e la badante” ed è la testimonianza concreta che un secolo di politiche sull’immigrazione e il passaggio dell’Italia da Paese di emigranti a Paese di accoglienza per gli stranieri e poi di nuovo a Paese di emigrazione non è servito a nulla. Non di certo a cambiare quella diffidenza verso l’altro, il diverso, quegli atteggiamenti che nei casi estremi arrivano anche a negare la dignità allo straniero. Il libro di Fortunato però va oltre la riflessione sui temi attuali, è un viaggio partecipato dell’autore con i suoi protagonisti in un’Italia e in un Cilento che cambia. Un mutamento raccontato su due registri, intrecciando finzione e realtà, il racconto frutto della creatività di Fortunato e la vita vera che si inserisce con frammenti dei giornali e delle cronache dell’epoca, e la grande storia e la piccola storia, l’Italia e il Cilento. Ne “il nonno e la badante”, torna tutto l’universo a cui ci ha abituati Mario Fortunato, le tradizioni della piccola contrada in cuiè nato, da cui sembra riprendere anche alcuni personaggi ed avvenimenti, la passione giornalistica di indagare e trovare un nesso critico ai fenomeni, la ferrovia come leit motiv, la lunga linea che unisce il racconto e gli stranieri con i locali, e ancora l’amore, a volte segnato dai ritmi naturali, a volte tormentato e diviso dalla lontananza. Ma ne “il nonno e la bandante” si scorge anche la maturità di Fortunato, la sua riflessione, un po’ amareggiata, suggeritagli da questo tempo della vita, dalla sua amicizia con il giornalista scomparso Pierlibero, che gli ha ispirato il racconto e dalla sua esperienza di uomo e padre, costretto a vivere , sulla propria pelle la precarietà di chi deve lasciare la propria casa e il proprio Paese per costruirsi un futuro.
Daria Scarpitta