Il giudice Garzo “nell’ospedale di Vallo della Lucania la contenzione era una pratica ordinaria e non veniva indicata in cartella”. Ecco il fulcro della condanna per sequestro di persona e falso.
Il 27 aprile scorso sono state depositate le motivazioni della sentenza sul caso Mastrogiovanni letta ad ottobre preso il Tribunale di Vallo della Lucania. In circa 180 pagine viene ripercorso l’intero processo , analizzando passo dopo passo, consulenze e testimonianze al fine di ricostruire il cammino fatto dal magistrato Elisabetta Garzo per giungere alla condanna del primario del Reparto di Psichiatria di Vallo, Michele Di Genio, e dei 5 medici che ebbero in cura Mastrogiovanni in quei giorni fatali e all’assoluzione dei dodici infermieri. Da quanto si legge si sottolinea la centralità del video che riprende Mastrogiovanni dal momento del ricovero a quello della sua fine.Ciò che infatti viene ribadito in più punti dalla Garzo è l’illegittimità della contenzione, condotta –si legge- “in maniera ingiustificata e irrispettosa dei limiti previsti “ dalla normativa, nonostante Mastrogiovanni non mostrasse segni di aggressività o violenza nei confronti di medici e infermieri. Il giudice rigetta la tesi della difesa di alcuni imputati secondo cui il Tso è sinonimo di contenzione, giudicando la cosa “un’equazione surreale, priva di alcun fondamento”, così come non ritiene valido definire necessario il legare il paziente per effettuare le terapie poiché Mastrogiovanni in realtà è rimasto bloccato per ben 83 ore. La terribile verità che viene fuori dalle motivazioni della sentenza è che invece la contenzione era una modalità ordinaria di gestione del paziente nel reparto di Psichiatria di Vallo e che i medici fossero consapevoli dell’illegittimità della loro condotta tanto che non avevano annotato il trattamento forzoso in cartella. Da queste evidenze circa la contenzione emergono dunque i vari reati contestati agli imputati, ossia il reato di sequestro di persona, perché Mastrogiovanni venne leso nella sua libertà, il reato di falso, per le mancate annotazioni in cartella, e quello di morte come conseguenza di altro reato, perché proprio la contenzione senza interruzione avrebbe determinato , assieme alla disidratazione e ad altri fattori l’edema polmonare e dunque il decesso. Nelle motivazioni si legge anche il perché dell’assoluzione degli infermieri. La contenzione è un atto medico,viene dunque esclusa la responsabilità degli infermieri che non facevano che obbedire ad un ordine e non avevano la possibilità di porre fine ai trattamenti disposti per il paziente. Nelle 180 pagine infien viene inchiodato alle proprie responsabilità il primario, quello oggetto della pena più severa. Viene infatti scardinata la sua difesa secondo cui Di Genio era in ferie o comunque non era presente in ospedale durante i fatti in quanto sia il video che il foglio delle presenze da lui firmato appurano tutt’altro.
Daria Scarpitta