8 maggio: San Michele ri maggiu Si porta il simulacro al Santuario montano, dove rimarrà per i mesi estivi. Questa, come tante feste religiose dell’area calabrolucana, è soggetta alla doppia cadenza celebrativa, all’inizio della buona stagione e all’inizio dell’inverno, comune ai culti misterici che commemoravano la morte e la risurrezione del dio o dea, ritualizzazione del ciclo produttivo dell’anno. La processione parte dalla chiesa della Santissima Annunziata dopo la celebrazione della messa e giunta a una «cappellina» dov’è conservata una piccola statua del Santo, alla periferia meridionale del paese, sosta per consentire di adornare la statua grande degli ex voto, un ricco corredo di gioielli d’oro sette e ottocenteschi, e della bilancia d’oro, attributo, insieme con la spada, dell’Arcangelo. Poi il corteo inizia la salita al Monte, preceduto da una o più donne che reca in capo lu cindu, costruzione votiva di candele a forma di torre o di barca e da una macchina processionale che rappresenta un’imbarcazione, un «gózzo» tipico delle coste cilentane, portata a spalla per mezzo di due stanghe, ma che da questo momento sarà caricata su un autocarro, al cui albero è appoggiato un ragazzo sui dieci anni che indossa un costume «come San Michele», l’Àngilu. Lungo il percorso si ferma alla cappella della Madonna di Costantinopoli e poi, piú solennemente, a quella della Madonna di Loreto dove l’Angelo recita tre invocazioni rituali al Santo insieme con l’offerta dell’incenso, sostituito nei momenti meno rilevanti dallo spadino dell’Angelo «il ferro», dei fiori e di un cero. Dopo l’ultima sosta, la banda che ha accompagnato la processione esegue l’ultimo inno e, mentre la statua preceduta solo dal «cinto» continua il cammino, gran parte della gente si ritira. Al Calvario si tiene la predica. Infine, giunti al Santuario, si consuma lo spuntino dei giorni di festa, che ognuno ha portato da casa e in cui non manca il dolce rituale salese di pasta lievitata, li cavàti fritti, al quale seguivano un tempo, oggi molto meno, le tarantelle al suono d’organetti o di zampogne. Il pomeriggio e la sera la gente che non ha potuto seguire tutto il percorso processionale si reca a «visitare» San Michele.