La Basilicata chiude e la Campania, nonostante sia ormai zona rossa, apre. Sono queste le due diverse decisioni assunte da queste due regioni vicine in queste ore rispetto alle scuole. Le scuole primarie e le secondarie di primo grado lucane, fino ad ora rimaste in presenza chiuderanno dal 17 novembre al 2 dicembre, e questo di fronte alla morsa della pandemia e alla necessità di tutelare innanzitutto la salute. In Campania invece dopo le spinte arrivate da più parti, la Regione ha deciso che le scuole dell’infanzia e le prime classi della primaria riprenderanno le lezioni in presenza dal 24 novembre, mentre le altre classi della primaria e le prime classi delle medie ripartiranno dal 30 novembre, a meno di nuove decisioni che interverranno a seguito dell’andamento della epidemia. Questo è quanto contenuto nell’ultima ordinanza di De Luca, firmata domenica, in cui il Presidente dà anche mandato alle Asl di assicurare degli screening attraverso la somministrazione di tamponi antigenici, su base volontaria a personale docente e non docente, agli alunni e ai familiari conviventi in vista proprio della ripartenza per garantire una ripresa in sicurezza della scuola. Come era stato per il provvedimento di sospensione delle lezioni, anche questa nuova decisione ha sollevato malumori e incertezze, questa volta tra coloro che temono che la ripresa della scuola inneschi nuovi contagi. Di certo l’avvio di questi screening massicci carica di ulteriori compiti le Asl e la medicina territoriale già oberate in questa fase. Chi invece sostiene la scelta regionale è il Coordinamento dei Presidenti dei Consigli D’Istituto della Regione Campania. “Noi auspichiamo – si legge in una nota – che le decisioni vengano assunte dagli amministratori regionali anche con coraggio, tenendo conto dei danni che si stanno generando sugli alunni e le loro famiglie. Con le scuole chiuse si sta ostacolando la formazione, l’istruzione, la salute e la socializzazione dei ragazzi creando anche una diseguaglianza tra gli studenti campani e quelli del resto d’Italia”. Il Coordinamento ha chiesto di sapere se nel Comitato scientifico campano siano presenti dirigenti scolastici, pedagogisti, sociologi o psicologi. “Si deduce, infatti – hanno scritto – che le scelte didattiche proposte non sono state definite da esperti in materia”.
Daria Scarpitta